Si stima che nessun altro autore drammatico sia stato più rappresentato di Ibsen, a parte Shakespeare. Certo è che la rivoluzionaria scrittura dell’autore norvegese, che ha messo al centro l’individuo con il suo tormento, le sue insicurezze, le sue riflessioni, ha influito sull’opera dei grandi scrittori successivi. Suo interesse primo fu senza dubbio, soprattutto a partire dagli anni 60 dell’Ottocento, quello di tentare di trasformare la società fin dalle sue istituzioni fondanti come la famiglia, il matrimonio e le relazioni tra le persone legate dal questo vincolo.
Per studiare la genesi de La donna del mare (Fruen fra havet) – o come meglio sarebbe stato tradotto dal norvegese La signora del mare –, dramma in cinque atti pubblicato nel 1888, piace ricordare un’escursione nel nord della Norvegia che Ibsen compì nel 1862 grazie ad una borsa di studio, escursione che aveva lo scopo di conoscere leggende e canti popolari. Il percorso, in treno, in barca ed anche a piedi, lo portò a nord fino a Sunnmøre, sulla costa, prima di ritornare a Christiania (oggi Oslo). Il paesaggio desolato e i continui scorci verso il mare e i fiordi che incontrò lungo il tragitto lo impressionarono in modo particolare. Il paesaggio visto e le storie udite entrarono a far parte di alcuni suoi testi: come nella figura del protagonista del dramma Brand (1866) o in un brano contenuto nel dramma Peer Gynt (1867) o in elementi del dramma La casa dei Rosmer (1886) o, credo, nelle ambientazioni e nella componente fantastica sulle quali è costruito il dramma La donna del mare.
Due anni dopo questa escursione, Ibsen partì per vari paesi europei e rimase via dalla Norvegia poco meno di trent’anni, con rare e brevi visite in patria. In questo periodo scrisse le sue opere più note. Tra il 1885 e il 1891 Ibsen e la sua famiglia vissero a Monaco. Nell’estate del 1887, Ibsen trascorse una lunga vacanza a Sæby, in Danimarca. Anche questo soggiorno, secondo alcuni studiosi di Ibsen, influenzò la composizione de La donna del mare; la cittadina ha accolto ben volentieri e orgogliosamente questa ipotesi e nel 2001 ha fatto erigere allo scultore norvegese Marit Benthe Norheim un monumento presso il porto. Centinaia di bimbe e bimbi di tutte le età di Sæby hanno creato piccoli simboli che sono poi stati incastonati nella scultura.
La donna del mare è ambientato in una piccola città del nord della Norvegia, d’estate, in epoca contemporanea; una cittadina ben nota ed apprezzata anche dai ‘touristes’ se Ibsen, nel dramma, scrive:
«BALLESTED In questi ultimi anni il concorso dei forestieri ha preso uno sviluppo veramente sorprendente.
LYNGSTRAND. Mi pare difatti che vi sia gran concorso di gente.
BALLESTED I bagnanti sono numerosissimi, tanto che quasi temo che questa invasione straniera non debba far perdere alla nostra città la sua primitiva fisonomia.»
Il dramma tratta una vicenda apparentemente molto legata ad un ristretto ambiente famigliare: personaggi principali sono il medico dottor Wangel, la sua seconda moglie Ellida, uno straniero e il mare. Attorno a loro completano il cast le due figlie di primo letto di Wangel e vari altri comprimari. Ricorre l’anniversario di quello che sarebbe stato il giorno del compleanno della madre defunta delle due ragazze, che Wangel e le figlie continuano a festeggiare. Nell’esteriore serenità della famiglia appaiono varie crepe: la figlia maggiore non ha il coraggio di manifestare una sempre più acuta insofferenza per una vita ristretta, in un ambiente sempre più chiuso rispetto al suo desiderio di conoscere il mondo e di studiare il più possibile; la sorella minore Hilda – carattere ribelle; ritorna o per lo meno ritorna un personaggio con il suo stesso nome e lo stesso carattere passionale, nel ruolo della giovane seduttrice ne Il costruttore Solness (1892) – non si sente abbastanza amata dalla matrigna; Wangel è agitato da un’atmosfera di indifferenza che sembra calata tra lui e la moglie Ellida; Ellida stessa si mostra oppressa dal suo passato e dai fantasmi che da quello sembrano riaffiorare e sembra riporre la speranza di serenità solo nella vicinanza al mare. Per lei
«i bagni sono il maggior piacere. Il mare, si può dire, che le sia necessario. […] Qui nessuno la comprende e tutti la chiamano la donna del mare.»
Il padre le aveva addirittura imposto il nome di un battello – Ellida è un nome maschile e significa “colui che va nella tempesta” –: dunque, come sfuggire al proprio destino? Dice Ellida:
«Io credo che se dalla nascita ci avezzassero a vivere sul mare, nel mare, saremmo forse, molto, ma molto più felici.»
Tuttavia non è il puro fascino del mare – che è simbolo di vita e di libertà – e neanche l’attrazione quasi ipnotica che esercita su Ellida lo straniero, marinaio, che anni prima la donna ha incontrato, al quale quasi inconsciamente si è promessa e che torna per portarla via; non è neanche l’inevitabile presenza della prima moglie nella memoria di Wangel. Ciò che turba Ellida è l’ansia insopprimibile di indipendenza e se sembra aver sopito i suoi sogni sposando il medico che l’ama e la rispetta con una dolcezza, che pochi uomini nella drammaturgia di Ibsen possono vantare, il ritorno del marinaio straniero scatena di nuovo la sua passione di libertà, una libertà che è di fatto la possibilità di una libera e volontaria scelta tra i due uomini della sua vita.
Trovo impossibile non fare un parallelo tra la scena in cui, in questo dramma, Ellida segue da lontano l’arrivo della nave sulla quale viaggia lo straniero che verrà a cambiare il suo destino e la scena, di solo sedici anni più tardi, nella quale Cio-Cio-San (cioè Madama Butterfly) immagina il giorno felice del ritorno di Pinkerton, il suo sposo americano, e poi la nave appare. Come il passato delle due donne è stato differente, così i loro destini, da quel momento in poi, saranno ben diversi ma il terribile e altissimo pathos di quel momento è identico. Quasi tutti conoscono la fine di Cio-Cio-San. Ma cosa farà Ellida?
Per lei sarà la fine come per Madama Butterfly o ci sarà un futuro? E questo prenderà la via desiderata? A lettrici e lettori l’interpretazione di un finale non scontato.
La prima di Fruen fra havet è stata il 12 febbraio 1889 in contemporanea al Christiania Theater di Christiania e all’Hoftheater di Weimar. La prima italiana de La donna del mare è stata il 3 febbraio 1894 al Teatro dei Filodrammatici di Milano con la compagnia Beltramo-Della Guardia.
Fin dal 1911 sono state realizzate numerose versioni cinematografiche – quella che forse è la più nota ma introvabile è quella del 1980 con la regia di Peter Bronken e Liv Ullmann nel ruolo di Ellida – e, in Italia, anche molte versioni televisive a partire dal 1956.
La prima traduzione italiana, di Paolo Rindler ed Enrico Polese Santarnecchi, è 1894. Ha avuto numerose ristampe: quella che qui in Liber Liber vi presentiamo è del 1912. Nel 1973 venne fatta una traduzione da Anita Rho, intellettuale, germanista e antifascista, alla quale si devono le traduzioni di molti altri drammi di Ibsen e opere, tra gli altri, di Kafka, Musil, Mann.
L’Istituto per il teatro e il melodramma della Fondazione Giorgio Cini di Venezia conserva, nel Fondo Duse, un copione de La donna e il mare del 1914 nella traduzione di A. Sangiovanni, con rimandi interni, sottolineature e annotazioni autografe dell’attrice legate per lo più alla resa interpretativa e con una particolare attenzione agli aspetti ambientali e temporali del dramma. L’interpretazione di questo dramma di Ibsen fu uno dei momenti più alti della carriera della Duse; era un dramma che le dava modo di interpretare un personaggio a lei molto affine: una donna che lotta contro le convenzioni sociali e per la sua autodeterminazione. Ella scelse di comparire in scena con un abito blu molto semplice ornato da una coroncina di verde e fiori fra i capelli a simboleggiare un legame con il mare; come le sirene, forse? La Duse portò in scena per la prima volta il dramma ibseniano nei primi anni del Novecento; dopo un ritiro, ricalcò le scene, nel 1921, proprio con La donna e il mare. La coroncina è giunta alla raccolta museale privata La Camelia Collezioni di Vigevano, da Pittsburgh, dove la Duse morì nel 1924.
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi
Dall’incipit del libro:
Ballested e Violetta.
(Ballested, uomo di mezza età, indossa una vecchia giacca di velluto ed ha in capo un cappello d’artista a larghe tese, sta vicino all’asta e ne tira le corde. La bandiera è in terra. Vicino c’è un cavalletto su cui è posata una tela, sopra un pliant una tavolozza, dei pennelli, colori, ecc.)
Violetta entra dalla porta aperta della stanza che dà sul giardino. Ha un gran vaso di fiori in mano che depone sulla tavola).
Viol. Ebbene, Ballested, siamo avanti?
Ball. Certo signorina, era una roba da poco…. Ma, mi permetta una domanda: deve arrivare qualcuno oggi?
Viol. Sì, aspettiamo il professore Arnholm che deve essere sbarcato questa notte.
Ball. Arnholm!… Aspetti…. è forse quel professore che qualche anno fa era qui come precettore?
Viol. Appunto lui.
Ball. To’ guarda!… Egli ritorna dunque in questa casa benedetta!
Viol. Ed è appunto in suo onore che issiamo la bandiera.
Ball. Ho capito (Violetta rientra in casa).
Scarica gratis: La donna del mare di Henrik Ibsen.