Questo discorso fu pronunziato da Giuseppe Mazzini nel corso dell’Assemblea Costituente della Seconda Repubblica Romana, nella primavera del 1849. In esso Mazzini incita l’Assemblea all’unità di intenti nel sostegno alla Repubblica, superando le differenze politiche tra “repubblicani di ieri” e “repubblicani dell’oggi”, tra Assemblea e Governo, nella comune lotta contro il nemico.
Sinossi a cura di Gabriella Dodero
Dall’incipit del libro:
Quando l’altro ieri fu annunziato alla Camera un rimaneggiamento ministeriale, io desiderava dir poche cose, ma io era malato, e la testa non mi reggeva a raccozzare due idee. Oggi forse è tardi, e però io devo domandare l’indulgenza della Camera. Bramando sottomettere alcune idee che mi erano venute allora, e che non potei esprimere, io sono fuori dell’ordine del giorno; e le mie parole non conchiuderanno in una mozione definita. Pure, non sarà forse inutile che si stabilisca fra noi una più intima comunione fraterna, una intelligenza che giovi alla giusta interpretazione delle proposte che noi, io e quelli fra miei colleghi che dividono le mie credenze, faremo, e del modo di discussione che noi terremo sulle altrui proposte.
Ogni rimaneggiamento governativo, sotto una forma repubblicana, è un progresso; e però, io mi felicito di questo rimaneggiamento. Ma ogni rimaneggiamento governativo indica la necessità del progresso; e quindi indica sempre una fluttuazione nelle opinioni, una incertezza, per quanto si voglia leggera nello stato delle cose, una non compiuta comunione, una non compiuta fiducia fra chi dirige e il popolo. Giova considerare questa condizione di cose, guardarla risolutamente, e impedire che si rinnovi.
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