Il libro, pubblicato nel 1930, è una raccolta di riflessioni e descrizioni di Roma dello scrittore e poeta Nicola Moscardelli, di origine abruzzese, giunto nella capitale nel 1916 all’età di ventisei anni, dopo un breve soggiorno fiorentino. Gli articoli furono pubblicati a puntate su “L’Ambrosiano”, quotidiano di Milano, tra il gennaio 1925 e il febbraio 1928. In queste pagine l’autore racconta, con uno stile leggero a volte ironico e con accenti lirici, la città che al suo arrivo lo ha riempito di stupore e di ammirazione e della quale ha cercato di scoprire e raccontare ogni angolo nascosto. Dalle pagine traspare forte l’affetto per i luoghi ai quali poi egli decise di legarsi per il resto della vita.
Dalla serie di quadri dedicati alle fontane
«Le belle fontane di Roma sono le più piccole e le meno in vista. Vi si passa accanto e non si vedono, se n’ode la voce e non si trovano. Addossate a palazzi solenni, o nascoste in angoli queti di piazze immense, la loro voce discreta non vince il frastuono del giorno: ma s’accorda col silenzio della notte, e lo custodisce intatto fino all’alba.»
ai ponti, alle piazze e alle vie, ai giardini, agli angoli più segreti, emerge un lavoro di analisi meticolosa che ricorda molto da vicino gli acquerelli della Roma Sparita, realizzati da Ettore Roesler Franz tra il 1878 ed il 1896. In questi è ritratta la Roma di fine ’800. Nelle pagine de L’aria di Roma sono le parole carezzevoli, le immagini poetiche a riportare alla luce una città d’inizio ‘900 in cui, tra le architetture, i vicoli, i monumenti, si muove un’umanità vivacissima, dedita alle feste non solo religiose, alle chiacchiere, ai commerci, ai lavori di ogni tipo. Moscardelli ci restituisce così un’immagine tridimensionale della città.
Da non perdere è il racconto La piazza delle meraviglie, dedicata a Piazza Montanara, quella sì veramente sparita proprio nel 1930, caduta sotto la scure degli sventramenti dell’epoca fascista per isolare le pendici del Campidoglio. Era una pittoresca e vivacissima piazza dove, come scrive l’autore, «Tutte le cose intorno a noi si umanizzano, e arrivano, col primo sguardo, alla temperatura della carne umana.»
A proposito della Fontana di Trevi Moscardelli scrive: «Questa non è una fontana: è insieme un mare, un lago, un niente e un palazzo, commisti come in una favola marina.». In una recente passeggiata un amico maliano, arrivato in Italia dopo un drammatico viaggio in barcone, mi trasmise la stessa impressione. Per lui quella fontana era il mare che lui aveva attraversato, come in una dolorosa favola, per tentare di raggiungere la felicità.
A noi oggi restano i ricordi di luoghi che abbiamo avuto ancora modo di conoscere ma che già erano cambiati dai tempi di Moscardelli, come il Caffè Aragno, che come foyer letterario scomparve nel 1955. O come i dintorni di Piazza di Spagna, che da cosiddetto ‘ghetto inglese’ come era stato ai tempi sfolgoranti del Gran Tour e nei primi anni del ‘900 era ancora una zona di «pensioni, modeste d’aspetto, ma ricche della luce che promana dai luoghi illustri al cui contatto vivono», e che oggi sono la culla dei grandi brand dell’abbigliamento e dell’oreficeria. Anche gli ‘Antibar’ sono cambiati. Leggete leggete.
Altri luoghi invece restano tutt’ora immutati e affascinanti come il Cimitero inglese che conserva le spoglie di Keats e Shelley. Moscardelli non fece forse visita alla casa dove essi alloggiarono, affacciata sulla scalinata di Piazza di Spagna, aperta al pubblico già dal 1909, ma ricorda invece, di fronte, la deliziosa sala da the rimasta ancora oggi esattamente come quando venne inaugurata nel 1893 per non lasciare a secco i turisti e residenti inglesi in una Roma divenuta da poco una capitale moderna e cosmopolita. Oggi la sala è molto frequentata anche dai turisti giapponesi, ma lo stile e la cortesia sono sempre gli stessi.
Se la Cappella Sistina, la Via Appia, Campo de’ fiori, Piazza Navona – paradiso allora dei fanciulli e oggi dei turisti ‒ sono oggi come allora, Moscardelli piuttosto ridà vita al popolo di Roma di quegli anni, un popolo a volte sguaiato, a volte grossolano e triviale, ma sempre sincero e per il quale anche la vita più stentata valeva la pena di essere vissuta. Un popolo che ormai non esiste quasi più, neanche tra i vetturini delle carrozzelle che sopravvivono accanto ai taxi, figli di un folklore che stenta a sparire. Restano solo alcuni sparuti personaggi, che Moscardelli chiamava i ‘personaggi principali’, «tutti coloro i quali ebbero dalla vita più graffi che carezze», che oggi con altri volti sono spersi come allora tra i vicoli del centro storico di una città che li tiene sempre ai margini.
Dopo un vivissimo e affettuoso ricordo del poeta Ernesto Ragazzoni, «poeta in tutta l’estensione del termine», del quale qui in Liber Liber, sono riportate alcune opere, la raccolta termina con un appassionato e commovente Saluto a Roma.
Sinossi a cura di Claudia Pantanetti, Libera Biblioteca PG Terzi APS
Dall’incipit del primo racconto La regina di pietra:
Da una statistica accuratissima, compilata da un esperto ragioniere che in gioventù fu poeta, risulta che ogni giorno scendono alla stazione di Termini da quaranta a cinquanta giovani venuti dalla provincia a conquistare Roma.
Da un’altra statistica non meno precisa, risulta che Roma non è stata mai conquistata da nessuno.
Il conquistatore che scende alla stazione di Termini di solito non ha con sè che una valigia leggera, pochi biglietti da cento ed un manoscritto di versi. Poco per chi è al di qua del cancello d’arrivo, molto per chi è al di là.
L’adolescente tornato dal capoluogo al paese natìo, compiuti gli studi, nelle lunghe sere, quando il sole non finisce mai di tramontare, vedeva tra i fuochi del crepuscolo i campanili e le torri della città promessa: e nel silenzio del borgo, venato da tranquilli rumori, da pacifiche voci, da conosciuti suoni, udiva, più netti di quelli, un clangore di trombe, un tumulto di battaglia, e una voce chiara che diceva: «Vieni!».
Scarica gratis: L’aria di Roma di Nicola Moscardelli.