La raccolta di novelle Les Diaboliques fu scritta in un arco temporale di ventitré anni. La prima novella, Le dessous de cartes d’une partie de whist fu pubblicata su “La Mode” del maggio 1850 e poi ristampata in volume in appendice al romanzo L’Ensorcelées nel 1855.

Le plus bel Amour de Don Juan fu pubblicato in due puntate su “La Situation” del 23 e 26 novembre del 1867. Le altre quattro novelle furono completate tra il 1871 e il 1872 nella tranquilla casa di Valognes in Normandia. Nel 1874 la raccolta completa fu pubblicata in volume suscitando reazioni disparate. Paul Girard su “Le Charivari” scrisse: «Se queste mostruosità le avesse scritte un libero pensatore potremmo immaginare le reazioni. Ma […] Barbey D’Aurevilly si vanta di vivere nell’intimità della sacrestia […] e i moralisti benpensanti, come i baciapile, si guardano bene dal fiatare. Che ne dite dei buoni libri che partorisce uno dei campioni del trono e dell’altare?» Henri Fournier il 3 dicembre 1874 scrisse su “Paris Journal”: «ammirazione senza dubbi e senza limiti da un punto di vista letterario; dal punto di vista morale, condanna totale e assoluta.» L’11 dicembre 1874 veniva aperto dalla magistratura un processo istruttorio e veniva ordinato il sequestro del libro. Barbey D’Aurevilly evitò il processo tornando precipitosamente a Parigi e allertando le sue conoscenze presso il ministero di Giustizia. Il non luogo a procedere fu ottenuto a condizione che tutte le copie sequestrate o ancora in circolazione fossero distrutte dall’editore.

Le novelle di questa raccolta si fondano su un intreccio di conversazioni – il titolo originariamente pensato per la raccolta era infatti Spunti di conversazione – e sembrano quasi ispirate a certe opere di Honoré de Balzac (penso ad esempio a Une conversation entre onze heures et minuit, formata da dodici racconti che tra loro vengono collegati da una conversazione, o a La Réquisitionaire alla quale opera la scrittura di Barbey sembra ispirarsi per le sue atmosfere angosciose pervase da un bizzarro senso del meraviglioso). Infatti lo schema che si ripete in queste novelle è quello di un narratore che in prima persona rievoca un incontro, un pranzo, una serata durante il quale un convitato è indotto dagli altri a raccontare un episodio generalmente tragico e tenebroso del quale sia stato spettatore. I casi atroci e truculenti vedono protagonisti preti apostati, persone folli, donne «diaboliche» crudeli e sensuali, oppure angeli di purezza ma sempre con prepotente personalità da eroina capace di manifestare un carattere originale e predisposto alle passioni più estreme. Lo scopo dichiarato dall’autore nella sua prefazione alla prima edizione è quello di ritrovare nel banale scorrere dei nostri giorni «civili» il sentimento del tragico nel senso più elevato del termine; per quanto narri di crimini atroci, una storia è sempre morale quando suscita l’orrore per le cose che descrive.

La novella che apre la raccolta, Le rideau cramoise, prende le mosse da un casuale incontro di viaggio per narrare della bella Alberte, travolta da passione divampante per il militare affittuario nella casa dei genitori. Le plus bel amour de don Juan è quello ispirato a una fanciulla tredicenne, figlia dell’amante del momento, la quale giunge a immaginare un’inesistente gravidanza. Macabro mistero e orrore divampano sullo sfondo di un ambiente provinciale aristocratico e decaduto in Le dessous de cartes d’une partie de whist. Lo spunto deriva da un dramma di gelosia tra una nobildonna e la figlia. À un dîner d’athées viene rievocata, durante un pranzo per soli uomini che vantano un incrollabile ateismo e anticlericalismo, la vicenda di Rosalba, detta la Pudica, moglie bellissima ma infedele di un maggiore dell’esercito napoleonico in Spagna. La vendetta più raffinata ed atroce la leggiamo nella novella che chiude la raccolta, La vengeance d’une femme, vendetta di una donna verso il marito reo di avere crudelmente ucciso l’amante della moglie. Senza dilungarci sulla trama abbiamo parlato di cinque novelle.

La sesta purtroppo manca in questa pregevole traduzione di Anna Franchi del 1931 che è la prima traduzione italiana ad entrare nel pubblico dominio. Ne ignoro i motivi. La novella Le Bonheur dans le crime era già presente nell’edizione italiana del 1920, la prima in assoluto, tradotta dal poeta e scrittore Silvio Catalano, deceduto nel 1966. Forse per ragioni editoriali, forse perché questa volta il coronamento del crimine non è una macabra o tragica morte ma una serena felicità. In questa novella il vecchio e cinico dottor Torty racconta di aver riconosciuto nelle vesti di Eulalie, cameriera personale della contessa di Savigny, al cui capezzale era stato chiamato, Hauteclaire, bellissima e misteriosa fanciulla, allevata dal padre militare come una perfetta spadaccina. Famosa per la sua abilità Hauteclaire scompare improvvisamente senza lasciare traccia. Nel suo nuovo ruolo di cameriera avvelena lentamente la contessa, trovando poi perfetta e duratura intesa col conte di Savigny, suo amante, senza che il rimorso turbi la loro felicità. Lo stesso racconto è anche presente in appendice alla traduzione italiana di Le Chevalier des Touches del 1906, ad opera di Enrico Cavacchioli. In questa edizione potrebbe essere pubblicato in questa biblioteca Manuzio. Della raccolta completa delle sei novelle tradotte in italiano da segnalare ancora le traduzioni di Camillo Sbarbaro, del 1946 e quella di Anna e Alfredo Cattabiani del 1975.

Le rideau cramoise è stato trasposto cinematograficamente nel 1952 dal regista francese Alexandre Astruc con Anouk Aimée nel ruolo della protagonista. Con questo mediometraggio il regista ottenne il premio Louis-Delluc.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Molti anni fa (tanti che a pensarci fa paura) andavo a cacciare la selvaggina nei paduli dell’Ovest; e siccome il paese che dovevo attraversare, allora, non aveva ferrovie, io prendevo la diligenza di *** che passava al crocicchio del castello di Rueil e che, in quel momento, trasportava una sola persona.
Questa persona, interessante sotto ogni riguardo e che io conoscevo, perchè l’avevo spesso incontrata nelle varie riunioni mondane, era un uomo che chiamerò Visconte di Brassard.
Precauzione forse inutile. Quelle poche centinaia di persone alle quali si dà nome di mondo parigino, sono anche capaci di dare a questa persona il suo vero nome…
Erano circa le cinque di sera. Il sole rischiarava obliquamente una strada polverosa, costeggiata di pioppi e di praterie, sulla quale ci slanciammo, al galoppo di quattro vigorosi cavalli dei quali vedevamo le schiene muscolose sollevarsi pesantemente ad ogni schioccar di frusta del postiglione; del postiglione, che par l’immagine della vita, e che schiocca sempre un po’ troppo la frusta al momento della partenza!
Il visconte di Brassard era in quel periodo dell’esistenza durante il quale più non si pensa allo schioccar della frusta…
Ma egli era uno di quei temperamenti degni di essere Inglesi, (era stato educato in Inghilterra) i quali quand’anche fossero feriti a morte, non ne vorrebbero convenire, e morirebbero) sostenendo che son vivi.

Scarica gratis: Le diaboliche di Jules Barbey D’Aurevilly.