Pubblicato Le razze umane e il diritto nella questione coloniale di Arcangelo Ghisleri.
Dall’incipit del libro:
In Italia si discute poco, perchè poco si studia, e poco si studia e si pensa perchè il pensiero in sè non ha valore di stima sul mercato della pubblica opinione. Noi non abbiamo alcun grande giornale, nè una rivista, la quale sia davvero ecclettica, o, almeno, così tollerante, da accogliere ed anzi desiderare il parere degli studiosi e dei pensatori, anche se solitari o avversi alle consorterie di classe, di partito, di governo. Diremo di più: il pensiero è merce sospetta: un delinquente volgare, un fallito doloso, un condannato per falso o per truffa, è guardato in società con minore diffidenza che non sia il pensatore. Eredità di un’epoca funesta, in cui l’opinione fu perseguitata e punita come il massimo o il più pericoloso dei delitti – quest’atmosfera da Sant’Uffizio spira dalle sfere ufficiali del potere non meno che dai circoli e dalle accademie e disamora e abbatte gli onesti cercatori: la verità migra, e la libertà, anche tra conventicole di liberali, diciamo la libertà degli apprezzamenti e della discussione, fa sempre, sui consociati, quasi un’impressione d’intrusa, d’amica equivoca, o, quanto meno, di disturbatrice – ed è gran mercè, se non le viene insegnata la porta a pedate, come farebbesi a cagna idrofoba o lebbrosa. Si vorrebbe sempre l’unanimità: negli applausi, negli odii, l’unanimità in ogni questione o d’idee o di persone; e la vanissima sentenza del Foscolo che ”per fare l’Italia bisogna disfare le sètte” viene ricordata ad ogni dissidente, quasichè la libertà delle opinioni e l’emulazione delle sètte che le professano non fossero la vita delle nazioni libere.