Spesso Mariani parlò delle inquietudini e sofferenze della sua adolescenza che non poterono essere attutite dalla famiglia e meno che mai dalla religione; trovò invece conforto nella bontà delle prostitute che – come rivela più di una volta nei suoi libri – trovandolo svenuto per strada non gli avevano lesinato un aiuto, con un bacio o una bevanda.

Le prostitute diventano quindi protagoniste di molti suoi racconti e si ergono a protagoniste anche di questo Le Sorelline, confermandosi personaggi puri e limpidi. Certamente la donna che esce dalla penna di Mariani appare vistosamente datata, tuttavia in buona compagnia; mi riporta subito alla mente la Lulu di Frank Wadekind. Per Mariani la libertà della donna è sostanzialmente il diritto all’amore, mentre raramente accenna, per esempio, al diritto al lavoro e sempre, come vedremo, con una finalità ben precisa. In proposito ricordo questa frase in Barricate nel cervello:

«Io penso dunque che come si è avuto un Ottantanove che ha proclamato i diritti dell’uomo, bisogna che troviamo un anno qualunque per proclamare i diritti delle donne; bisogna che la donna trovi lavoro senza bisogno di prostituirsi né legalmente né illegalmente; bisogna che abbia la libertà di amare senza tagliole, bolli francobolli e rivoltelle e dispregio universale […]».

Come sempre accade nell’ambito di un’avanguardia artistica, affrontare il tema della sessualità assurge a carattere di “spia” dell’intensità del turbamento sociale. Il futurismo aveva infatti a più riprese fatto l’“elogio della prostituzione”; ma l’atteggiamento di Mariani è diverso. Egli amava le donne e voleva stare dalla parte delle prostitute che tra le donne sono contemporaneamente le più schiave e le più libere. Scrive: «C’è delle donne cattive? Io non ne ho mai incontrate. Ma potrebbe darsi. Se tali sono, però, tali le hanno fatte gli uomini».

Le Sorelline è una raccolta di otto racconti in prima persona preceduti da un’introduzione e seguiti da una postfazione di sapore politico; nell’edizione di riferimento per questo e-book manca un racconto e la postfazione. Pubblicato nel 1920, poco dopo Le adolescenti, come quest’ultimo subì un processo per oltraggio al pudore. Tuttavia il tono spensierato è quello tipico della narrativa sentimentale del primo novecento non esente da stereotipi decadenti. I temi spaziano dallo scambio delle coppie alla rivelazione di come il piacere erotico per la donna venga soprattutto dalla consapevolezza del proibito; un marito – per Mariani il marito è sempre “becco” – spinge il protagonista tra le braccia della moglie che ha appena avuto un aborto; durante una traversata atlantica il narratore, che è sifilitico, deve resistere ai tentativi di seduzione di un gruppo di studentesse statunitensi per non contagiarle. E il tutto sempre infiocchettato di immagini barocche e decadenti:

«[…] le cortigiane dai capelli rossi, dalle labbra e dalle unghie dipinte, le cortigiane che si profumano le coscie e le ascelle con profumi da cento franchi la goccia, e che han saputo i morsi di mille maschi, le cortigiane vestite di seta e di broccato, armillate, ingioiellate […]».

I ragionamenti e le proposte dell’autore, anche quando appaiono almeno parzialmente fondate, incorrono però costantemente in un vizio di schematismo. Il matrimonio d’interesse, che era certamente diffusissimo nella società del primo Novecento, viene sempre contratto dalla donna con maschi disgustosi, obesi e repellenti. Sembrerebbe che gli uomini giovani, belli e poveri non si sposassero mai. Questo serve a Mariani, a forza di sillogismi come minimo discutibili, per giungere alla soluzione unica per portare al superamento di una morale sessuale, che si identifica con la prostituzione, tramite lo sbocco fatale, cioè il libero amore. La tesi quindi è che la rivoluzione avrebbe azzerato la sozzura morale tipica della società borghese-capitalista-cattolica consentendo alla donna la scelta del proprio compagno senza subire il condizionamento dell’aspetto economico legato al matrimonio. E ancora emerge l’idea del diritto al lavoro:

«Ma per potersi dare solo a chi vuole e solo fin quando vuole, la donna deve crearsi con il lavoro una posizione economicamente indipendente. Per questo le prostitute da salotto della buona borghesia non vogliono sentir parlare di libero amore. Perché vogliono seguitare a lavorare solo con le cosce come han sempre fatto fino adesso. E per questo invece son partigiane del libero amore e lo applicano di già tutte le donne lavoratrici: operaie, sartine, modiste, cantanti, ballerine, attrici, impiegate, contabili, dattilografe».

Ho sottolineato questi aspetti perché l’autore li affronta principalmente nella postfazione che, come già detto, non è compresa in questa edizione elettronica, che si rifà alla prima edizione del 1920.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del primo racconto Le sorelline:

Ho scritto in «Povero Cristo»:
«Poi fui facchino sulle rive dell’Hudson, presso il ponte di Broocklyn, mozzo sulle chiatte del Missouri, cameriere nelle bettole di Frisco.
Guadagnai la mia vita a frusto a frusto. Tra calci e sputi. Mi odiavano anche perchè ero straniero. «Jingo, «stranger». E la vita, trascinata, doleva. Noi mai una parola di pietà.
La sola, parola di pietà me la dissero le sorelline buone della mia gioventù: le prostitute.
Io ho per le prostitute, per tutte le prostitute, anche per quelle che la vita ha abbrutito fino alla perfidia, fino alla sconcezza, fino all’alcool dei piccoli tuguri e fino al delitto, una gratitudine immensa che sa d’adorazione.
Sono le sole creature che non hanno speculato sulla mia miseria, che non hanno tentato di violare la chiusa selvaggia indipendenza del mio spirito.

Scarica gratis: Le sorelline di Mario Mariani.