Frölich scrisse che Rosa Luxemburg
«si sentiva irresistibilmente attratta verso il centro del movimento operaio internazionale, ove l’interesse per le questioni di teoria e di tattica era vivo al massimo, ed ove appariva sempre più saldamente fissato il centro di gravità della politica internazionale».
Non era certo facile per una donna percorrere quel tipo di strada in quei giorni, ma Rosa era talmente salda nel suo impegno di teorica e polemista che immediatamente assurse a un ruolo di primo piano nell’ala sinistra del movimento socialista tedesco, ruolo che conservò fino alla morte e che sempre la vide impegnatissima nella lotta al revisionismo. Nel marzo del 1906 fu arrestata e per alcuni mesi rimase in una prigione zarista, in condizioni di grande incertezza sul proprio futuro. Fu invece rilasciata grazie ad abili manovre di interventi e di pressioni e per tornare in Germania passò dalla Finlandia e da Pietroburgo.
Fu in Finlandia, durante l’estate, che scrisse Lo sciopero generale il partito e i sindacati, nel quale in pratica riassumeva la propria esperienza della prima rivoluzione russa. Il testo è scritto per incarico della presidenza dell’organizzazione regionale socialdemocratica e in funzione del prossimo congresso socialdemocratico a Mannheim e, oltre a esaltare la rivoluzione russa del 1905, propugna la parola d’ordine dello sciopero generale come innovativa arma rivoluzionaria e contro la funzione conservatrice dell’apparato sindacale che da sempre aveva bollato come “anarchica” quella parola d’ordine. Il discorso prende consistenza nell’approfondire la necessaria preminenza della politica sull’economia, e quindi nella necessità per far progredire la rivoluzione che l’intendimento politico e gli obiettivi che ne scaturiscono siano preminenti rispetto alla rivendicazione salariale e normativa. Sempre i due corni del problema vengono inquadrati nel loro rapporto dialettico e costantemente Rosa Luxemburg ne tenta la sintesi. Queste riflessioni prendono spunto dallo svolgersi della rivoluzione russa del 1905 e, per una teorica marxista quale era Rosa Luxemburg e per come andava di giorno in giorno consolidando questa sua solidità teorica, non erano certo piovute astrattamente dall’alto. Marx nella Prefazione a Per la critica dell’economia politica scrive:
«Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza»
Con la massima concisione Marx riassume l’essenza del materialismo storico, l’impossibilità assoluta di anticipare politicamente sullo sviluppo cieco e inconscio della legge economica, della contraddizione dinamica dello sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di produzione. Lo sviluppo storico della formazione economica della società «assimilabile al corso della natura e alla sua storia» determinano totalmente la lotta politica e vanificano la pretesa di «saltare una tappa». Luxemburg è di certo pienamente cosciente del fatto che Marx ed Engels tentarono di pensare la rivoluzione proletaria in un’epoca nella quale essa non era affatto possibile e gli avvenimenti del 1848 lo stanno ampiamente a dimostrare. Di fronte alla sconfitta della rivoluzione del 1905 Luxemburg pensa quindi a come si possa avviare la dialettica tra lotta politica e lotta economica-sindacale:
«Si può dire insomma che la lotta economica conduca perpetuamente da un polo all’altro della politica, e che la lotta politica sia la fecondazione periodica del terreno per la lotta economica. Causa ed effetto cambiano di posto ad ogn’istante e l’elemento economico e l’elemento politico, nel periodo dello sciopero generale, lungi dal distinguersi nettamente o magari dall’escludersi, come vorrebbe il pedantismo schematico, costituiscono al contrario due aspetti intrecciati della lotta di classe proletaria in Russia. E la loro unità è appunto lo sciopero generale.»
E il problema lo sente come centrale anche successivamente, tanto che in Problemi di organizzazione della socialdemocrazia russa sottolinea come Lenin nel tentativo di costruire un partito di tipo europeo pecchi di “blanquismo”, volendo precorrere cioè l’autosviluppo sociale e politico della classe operaia russa. Con questo Rosa Luxemburg intendeva sottolineare che Lenin perseguiva un tipo di organizzazione che non corrispondeva alle necessità della situazione in Russia, non disponendo i socialdemocratici della «materia prima politica che di solito viene preparata dalla società borghese». Lenin quindi pretendeva di anticipare l’auto-maturazione della classe operaia preparando l’organizzazione ai suoi compiti socialisti prima che fossero assolti i compiti economici. Ma Lenin intendeva che il processo rivoluzionario andasse visto nella sua totalità senza perdere di vista lo scopo finale cioè l’instaurazione di un potere proletario. Trotskij avrebbe poi cercato di dare sistemazione teorica alla ricomposizione dialettica di questa contraddizione elaborando la teoria della rivoluzione permanente. Dei pericoli dell’ingovernabilità di questi processi, visti sempre sotto un punto di vista autoritario, appare ben cosciente Rosa Luxemburg quando, nel testo già citato scrive:
«È tuttavia assurdo, a nostro avviso, pensare che il governo della maggioranza cosciente della classe operaia all’interno della sua organizzazione, che non è ancora realizzabile, possa essere “provvisoriamente” sostituito da un potere assoluto “trasferito” all’autorità centrale del partito e che il pubblico controllo delle masse operaie sulla condotta degli organi di partito, che manca, possa altrettanto bene essere sostituito dal controllo inverso dell’attività del proletariato rivoluzionario da parte di un comitato centrale».
Purtroppo Rosa Luxemburg è stata uccisa prima di poter vedere e, come credo avrebbe fatto certamente, avversare fieramente il percorso stalinista del quale quasi profeticamente aveva con grande lucidità delineato il possibile percorso. Il testo che presentiamo vede esposte in maniera embrionale queste idee che scaturiscono comunque con grande naturalezza dal solco della filosofia del materialismo storico. Rosa Luxemburg avrà modo fino al 1919 di sottoporle alla prova degli avvenimenti e di vagliarle e raffinarle, come abbiamo molto succintamente visto.
Il testo che presentiamo fu edito in italiano nel 1919 dalla libreria editrice Avanti! tradotto e prefato da Cesare Alessandri, che in quella fase storica si trovava vicino alle posizioni massimaliste di Serrati. Ne consegue che si trovi particolarmente a proprio agio nel discorso di Rosa Luxemburg adattandolo alla situazione immediatamente posteriore alla rivoluzione del 1917, e sottolineando quindi la grande capacità di analisi della più importante teorica marxista dell’epoca. La pratica dello sciopero generale politico è, secondo Alessandri, la molla propulsiva che ha condotto alla rivoluzione d’ottobre:
«Se non si brucia una casa per accendere una sigaretta, neppure si conduce una ventennale lotta classista e rivoluzionaria per metter capo ad una repubblica borghese, che dia al capitalismo maggiori possibilità di dominio ed al proletariato lo scherno di una libertà politica fittizia, che un Decreto governativo può togliere o limitare dall’oggi al domani, e lo lasci nella soggezione economica di prima».
Luxemburg è morta prima di dover assistere allo «scherno di una libertà politica fittizia»; Alessandri, che è vissuto ancora un decennio forse ha intravisto ed ha optato per appiattirsi sulle indegnità del fascismo.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Fin qui gli scritti e le dichiarazioni del Socialismo internazionale relativi alla questione dello sciopero generale datano quasi tutti dall’epoca anteriore alla Rivoluzione russa, che fu la prima esperienza su vasta scala di questo mezzo di lotta. Nella loro concezione s’ispirano essenzialmente al criterio seguìto da Federico Engels, il quale nella sua critica su Bakounine e sulla sua fabbrica di rivoluzioni in Spagna, scriveva nel 1873:
«Lo sciopero generale è, nel programma di Bakounine, la leva che farà scatenare la Rivoluzione sociale. Un bel mattino tutti gli operai di tutte le officine di un paese, o magari del mondo intiero, abbandonano il lavoro e con questo atto costringono, in quattro settimane al massimo, le classi possidenti o a capitolare o ad entrare in battaglia contro gli operai, in modo che questi allora hanno il diritto di difendersi e possono approfittare dell’occasione per finirla con la vecchia società.
«Tale progetto non è nuovo: i socialisti francesi e anche i socialisti belgi hanno spesso, dopo il 1848, inforcato questo cavallo di parata; ma in origine è di razza inglese. Durante lo sviluppo rapido e vigoroso del chartismo, si predicava, fin dal 1839, il «Santo Mese», la sospensione del lavoro realizzata nazionalmente, e questa predicazione aveva trovato tale eco, che gli operai industriali del Nord tentarono, nel luglio del 1848, di applicare il programma.
Scarica gratis: Lo sciopero generale, il partito e i sindacati di Rosa Luxemburg.