Pubblicato Naufraghi in porto di Grazia Deledda.
Dall’incipit del libro:
In casa Porru, nella camera dei forestieri, c’era una donna che piangeva. Seduta per terra, vicino al letto, con le braccia sulle ginocchia sollevate e la fronte sulle braccia, piangeva singultando, scuotendo la testa come per significare che per lei non c’era, non c’era più speranza. Le sue spalle rotonde e il suo dorso ben fatto, ben disegnato da un corsetto di panno giallo, s’alzavano e si abbassavano come un’onda. Intorno era quasi buio: la carnera non aveva finestra; la porta spalancata su una terrazza di mattoni s’apriva su uno sfondo di cielo cenerognolo che andava sempre più oscurandosi. Su quello sfondo brillava una piccola stella gialla lontana; e nel cortile s’udiva un grillo zirlare e la zampa d’un cavallo, di tanto in tanto sbattersi sulle pietre del selciato. Una donna bassa e grassa, in costume nuorese, con un gran viso di vecchio grasso, apparve sulla porta, con in mano una lampada di ferro a quattro becchi, in uno dei quali ardeva un lucignolo nuotante nell’olio. — Giovanna Era, — disse con voce grossa e rude, — che fai lì al buio? Sei lì? Che fai? Mi pare che tu pianga! Tu sei matta, in verità mia, tu sei matta! L’altra continuò a singhiozzare più forte.