Giorgio (Zorzi Alvise) BaffoGrazie a Paolo Alberti, pubblichiamo delle note biografiche su Giorgio Baffo:

Giorgio (Zorzi Alvise) Baffo nacque a Venezia il primo agosto (11 agosto secondo altre fonti) 1694.

Le notizie sulla sua vita sono scarse e contraddittorie. I genitori, Giannandrea e Chiara Querini, provenivano dalla nobiltà veneziana, ma pare che le condizioni economiche fossero modeste. O almeno questo lo si è creduto per molto tempo, mentre secondo più recenti studi sembra fosse piuttosto ricco. Probabilmente questa idea sulle sue condizioni finanziarie nasce da una sua frase. Racconta Baffo, infatti, che pur abitando in un palazzo del Sansovino (del quale la famiglia era probabilmente proprietaria) viveva “in un canto della cucina”. Lui stesso non ha un buon ricordo dei suoi studi giovanili, definiti “aridi”, e “noiosi” gli insegnati.

Tuttavia, come spesso accadeva per i rappresentanti del suo ceto, trova occupazione nelle Quarentie, in pratica la magistratura, la corte suprema di giustizia a Venezia.

Ma a fianco della vita “normale” e “ufficiale” di funzionario di medio profilo c’è quella di scrittore “dialettale”, e di un dialetto con grande tradizione di opere famose di vario genere: dal duecentista Giacomino da Verona, che scrive in una lingua a metà tra latino e volgare, passando da Chinazzo, Giustinian Maffo Venier – vero antesignano del Baffo sotto il punto di vista delle tematiche – e Ruzante, per arrivare al contemporaneo di Baffo, Goldoni. Del suo estremo spirito critico nei confronti del famoso autore teatrale rimane la sua polemica in versi con quest’ultimo in occasione della rappresentazione de Il filosofo inglese.

Casanova parla di Baffo nelle sue Memorie, poiché lo conobbe in giovinezza e lo definisce “grande amico di mio padre”. Prosegue poi: “Fu dunque grazie al Signor Baffo, poeta nel più lubrico dei generi, ma grande e senza pari, che si decisero a mettermi in pensione a Padova, ed è quindi a lui che io debbo la vita. Morì ven’anni dopo, ultimo rampollo di un’antica famiglia patrizia; ma i suoi poemi, per osceni che siano, terranno sempre vivo il suo nome. Gli inquisitori di Stato veneziani col loro zelo moralistico avranno contribuito alla sua fama. Perseguitando i suoi manoscritti, li fecero diventare preziosi: avrebbero dovuto sapere che sprecta exolescunt“. Numerosi altri aneddoti troviamo nelle memorie di Casanova relativi a Baffo, che ci aiutano a inquadrarne la personalità estrosa e anticonformista.

Mentre Apollinaire sostiene che non prese mai moglie, nonostante ne avesse avuto occasione, Torcellan informa invece che si sposò il 31 ottobre 1737 con Cecilia Sagredo di Girardo, ma la cosa “non diede luogo a pettegolezzi di alcun genere nella pur fertile città lagunare”. In realtà il matrimonio non era ben visto dalla famiglia essendo la sposa di ben 17 anni più giovane. Tuttavia è facile presumere che, dopo la morte prematura del fratello minore di Giorgio Baffo, il padre sperasse in una discendenza maschile che potesse conservare il nome del casato. Ma Giorgio ebbe solo una figlia diventando così l’ultimo erede maschio del nome dei Baffo.

Nel 1765 viene denunciato al tribunale dell’Inquisizione. Il documento di denuncia dice tra l’altro: “È noto ad ogni uno quali e quante siano le sporcherie che contengono alcune poesie di detto… mentre pone in derisione la Sacra Scrittura, e ciò che si dovrebbe colla maggiore riverenza nominare… … che ogni qual tratto ha delle nuove poesie da far sentire alle persone, le quali poesie sono vere empietà… ponendo in ridicolo e osceno le ammirabili opere della…. Divina Onnipotenza”. Non c’è dubbio che “il più grande poeta priapeo di tutti i tempi” (per dirla con Apollinaire) tenda a sostituire le icone pagane alle proposte tipiche del cattolicesimo. La Madonna diventa quindi la grande dea madre: la mona, che bagna la vitalità dell’uomo.

Muore a Venezia nel 1768.

Per suo esplicito divieto, lui in vita le sue opere non vennero stampate. La prima edizione, col titolo Giorgio Baffo patrizio veneto venne pubblicata a Londra nel 1771 per cura di suoi amici e comprende una raccolta di circa 200 sonetti. La Raccolta universale delle opere di Giorgio Baffo in quattro volumi con la falsa indicazione “Cosmopoli” (ma in realtà stampate a Venezia) venne pubblicata nel 1789.

Numerose sono poi le riedizioni complete o antologiche, sia italiane sia francesi.

Fonti:

  • Gianfranco Torcellan: Giorgio Baffo o della dissoluzione, in: Settecento veneto e altri scritti storici, Torino, 1969.
  • Gino Raya: Poeti licenziosi. Saggi critici su Luigi Tansillo, Giorgio Baffo, Anonimo Napolitano, Domenico Tempio, Filippo Pananti, Catania, 1928.
  • Marco Dotti (a cura di): Baffo Osceno, Roma, 2001.

Le opere di Giorgio Baffo.