Pubblicato Poemetti lirici di Giovanni Bertacchi.

Dall’incipit del libro:

L’intima storia d’ogni umano poema ha un’ora divina di grandezza e di fede. È quando il primo impeto creatore ti percuote il cervello, e tu senti, più che ancora non veda, il tuo tema. Lo schema informe del canto ti sobbalza dentro, segnato di motivi fondamentali e di episodii dispersi, mosso da un ritmo generale, malcerto e fermato solo qua e là in deliziosi frammenti di melodia: e tutto questo avvolto come in un’aura di indistinto, in una indefinita promessa di dolcezze e di tormenti futuri. È questa la vera, la grande ora poetica. Il resto è un lento e paziente lavoro di sacrificio: la misura e la rima arrestano il fuggevole, limitano l’indeterminato, rimpiccioliscono l’immenso. Il crepuscolo natìo dilegua; quel che ti resta è l’ombra del sogno. Amate voi, signora, i motivi sospesi, come fluttuanti in uno spasimo verso il tempo e lo spazio? — Io sì; perchè ivi è la gloria dei desiderî incompiuti, che son l’alba de’ cuori; ivi è la spasimata vaghezza dell’indefinito, che è lo sfondo degl’inni. Perciò, non queste rime, signora: io vi consacro quel che esse erano in me, prima dell’arte; vi consacro gli oscuri, intradotti poemi che m’uscirono in baleno di larve dalle notti dell’anima per rientrarvi ben tosto. Grandi e profondi poemi, con le incomposte grandezze delle cose selvaggie, con le graziose freschezze delle cose fiorite, colle divine ripetizioni della natura immortale. Grandi e profondi poemi, quali potreste imaginar che dormano dentro una certa rupe che io ben so e dove realmente tace qualcosa che sembra aspettare l’evocazione di un dio. — Vedrete voi quel sublime ed immenso monumento nero? Udrete voi come ne gema eterna, immutata, monotona, la lagrima della montagna?