Pubblicato nel 1920 – ma apparso prima a puntate su “Il Mondo” – Povero Cristo è il romanzo più evidentemente autobiografico del Mariani il quale lo definisce «la seconda parte di La casa dell’uomo.» L’autore propone la propria autobiografia come modello ed esempio di una ribellione che avviene in maniera nietzschiana ribaltando l’etica borghese su un piano di etica individuale, cioè tramite l’uccisione dei padri:
«Tutte le volte che io uccido in me un sentimento che ho succhiato su dal capezzolo di mia madre e dalla bocca del maestro o dai discorsi stupidi dei miei compagni piccoli borghesi i quali camminano per i sentieri fioriti dell’ipocrisia e della convenzione senza riflettere e senza rivoltarsi, tutte le volte che io uccido in me uno di quei sentimenti, io sento che uccido la tradizione e il dolore; sento che mi libero, che nasce finalmente in me l’uomo quale deve essere, secondo il suo cervello e secondo i suoi istinti, per poter essere felice. Godo ad ammazzare in me mio padre e mia madre, mio nonno e i miei avi tutti e i miei atavi; Cristo e Caino.»
L’ambivalenza di questo tipo di sovversivismo – comune per altro a gran parte della piccola borghesia nel dopoguerra – risulta chiara. Mario Isnenghi definì la letteratura di Mariani, accomunandola a quella di Curzio Malaparte, «letteratura di consumo del piccolo borghese sovversivo». È vero che entrambi – Mariani e Malaparte – partendo dall’irrazionalismo nietzschiano approdano poi il primo ad esiti “rivoluzionari” e il secondo a soluzioni violentemente reazionarie di tipo fascista. A distanza di un secolo, come studiosi, non possiamo non scorgere nell’opera di Mariani il punto d’incontro di tutte le ipotesi sovversive dell’epoca: dallo spontaneismo e anarco-sindacalismo fino all’interventismo rivoluzionario, e via elencando anarchismo, comunismo, opposizione di classe alla guerra, futurismo del ’19, arditismo, fiumanesimo. Il malessere dei vari gruppi sociali si trovava al bivio e Mariani scelse la via dell’antifascismo e dell’esilio, letterariamente ricollegandosi a un certo filone che possiamo identificare come anarcoidi libertari, i nostrani maudits, filone che nasce dalla scapigliatura passando per Cesare Tronconi e successivamente Paolo Valera. Siamo in bilico tra giornalismo e letteratura, arte e politica, ideali risorgimentali e rivoluzione. E infatti già la scapigliatura lombarda, con le sue furibonde velleità iconoclaste, era un movimento piccolo-borghese con ambizioni rivoluzionarie, mentre poi le opere rivelavano uno spirito nettamente reazionario almeno dal punto di vista dell’invenzione linguistica.
D’altra parte il fine “politico” del libro è evidente fin dalla dedica, ma risulta difficile estrarre dal romanzo qualcosa di concreto. Le vicende di Gesualdo Cristofari (che è il “povero cristo” del titolo e io narrante) fanno poi semplicemente da contrappunto alle continue digressioni del Mariani su morale, società, politica, guerra, famiglia. Lo stile altalenante, che passa da brevi frase concluse da punto e a capo, a lunghe digressioni che appaiono spesso imitazioni di Guido da Verona, non aiuta a trasmettere il messaggio che l’autore probabilmente si illudeva di far giungere al lettore. Resta quindi soprattutto l’anticlericalismo del Mariani che evolve dalla solitudine e sofferenza adolescenziale e giovanile. Anticlericalismo che si manifesta in un odio personale e blasfemo evidenziato dal fatto che nella stessa notte nella quale nacque il Cristofari (e il Mariani) «più di millenovecento anni fa, si santificò un becco, si divinizzò un adulterio e un bastardo per imporre una regola di menzogna a tutti i focolari domestici dell’avvenire.»
Il libro è impreziosito dalle pregevoli illustrazioni di Enrico Sacchetti che non abbiamo riprodotto per ragioni di diritti d’autore, ma che possono essere viste qui: https://archive.org/details/poverocristoroma00mariuoft/page/8/mode/2up dove il libro è riprodotto in formato immagine.
Sinossi a cura di Paolo Alberti
Dall’incipit del libro:
Dall’incipit del libro:
C’è, nella cuna del mio pensiero, un grande sole rosso.
Se risalgo i ricordi della mia vita mi sembra d’essere nato con quel gran sole rosso nell’anima. E un poco sempre di sangue d’orizzonte m’è rimasto nel cuore traverso la mia pidocchiosa esistenza di straccione morale. Non era che un sogno. Io piegavo i miei cenci e le ossa sotto il peso della croce invisibile e andavo con i piedi scorticati, spinto dalla maledizione che un altro straccione come me aveva scaricato sul mondo; uno straccione ebreo che, cadendo ai piedi del Golgota, aveva lasciato piombare il peso della sua croce sulle spalle della intera umanità.
Andavo con i piedi scorticati… E non era che un sogno. Il mio sogno infantile che s’era trasformato, nel cuore, in un ritornello di speranza.
Tutta la mia vita è stata una speranza: frustata dalla miseria e dalla disperazione.
Una pianura sterminata, un po’ grigia per le nebbioline che si levavano dai campi bruciati nel calore estivo, un fiume d’argento e filari d’olmi e filari d’olmi lontano lontano… E un grande sole rosso calava tra i filari degli olmi. Era così grande che pareva volesse bruciare il mondo. Era così rosso che pareva dipinto da un futurista con dei semi di magnolia.
E io ero bambino… ero piccolo piccolo.
Tre anni? Quattr’anni? Non so.
Scarica gratis: Povero Cristo di Mario Mariani.