Negli stessi anni, tra il 1936 e il 1938, in cui furono date alle stampe edizioni successive di questo Racconti di Toscana Fanciulli aveva scritto Cuore del Novecento : Libro dei giovani italiani di Mussolini, vera apologia dell’Italia mussoliniana e Tra le lance del Galla : romanzo delle missioni nell’Africa orientale, inno all’impero e alle colonie. Il suo credito presso il regime era quindi tanto alto da poter scrivere un libro di racconti nei quali non solo la propaganda resta ai margini, ma anche la retorica dei valori di patria famiglia e religione, resta sullo sfondo senza appesantire inutilmente una narrazione agile e avvincente, almeno per un pubblico di giovani di quell’epoca. Dice la scheda editoriale con la quale il libro fu promosso presso il pubblico:

«Affascinanti racconti quali sa stendere la penna agile ed elegante del Fanciulli. Con questo libro lo scrittore toscano sa attirare il cuore del lettore, perché conosce l’arte di piacergli. Quale modo più sicuro per confutare l’affermazione di molti che il gusto del racconto è per decadere in Italia? Racconti di Toscana è entrato trionfalmente come libro di lettura e come esempio di stile in un gran numero di scuole medie italiane.»

Questo libro infatti fu ristampato a più riprese anche subito dopo la guerra e fino al 1963. Il tono della narrazione è leggero e amorevole; prevale la saggezza femminile e materna che insegna ad accontentarsi e apprezzare quello che si ha e a non preferire il desiderio di avventure al rassicurante nido materno. Nido che in una maniera o nell’altra rimane sicuro; per esempio protetto da un intervento quasi miracoloso della baionetta del padre morto nella guerra di Napoleone, o dal monito trovato nella cassa del tesoro rinvenuta dai pescatori. È così per tutti i 14 racconti presenti in questa raccolta per i quali sempre il sentimento religioso sconfina nel miracoloso e nella magia, trasformando quindi la lezione moraleggiante in un apologo sui sentimenti del popolo, sulla fiducia del contadino, del pescatore, etc. nell’intervento soprannaturale e salvifico.

Quella stessa atmosfera ritrova l’autore quando ormai maturo ritorna ai luoghi dell’infanzia, e sapientemente riesce a ricostruire quell’aura magica parlando del suo amico Giosué Borsi morto in guerra e del suo “Dantino” – una piccola edizione della Divina Commedia – che portava sempre con sé. La bandiera tricolore issata per pacata polemica verso le bandiere rosse della fabbrica occupata ci riporta un po’ bruscamente a dover leggere i valori così cari all’autore, ma nonostante il forte dissenso che si può provare verso uno scrittore fascista che fa le sue valutazioni sul biennio rosso attraverso un raccontino, non si può non accorgersi che queste valutazioni sono fatte con garbo, partendo dal punto di vista della madre di famiglia e del “sano buonsenso” popolare.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del primo racconto La baionetta di fuoco:

La notizia aveva camminato per il mondo, più rapida, più lenta, a seconda delle strade, e un giorno arrivò anche a un casolare sperduto in una boscosa forra della Garfagnana.
— Sapete, Martina? L’hanno preso.
— Chi, Cecco?
— Napoleone.
L’uomo che aveva pronunziato il gran nome era un merciaiuolo ambulante; un paio di volte l’anno passava da quelle parti, con la cassetta sulle spalle, pronto a regalare chiacchiere, come a vendere le sue cianfrusaglie.
La donna, scossa, aveva giunto le mani.
— Maria santa! – esclamò. – O come hanno fatto?
— Sono stati gli Inglesi. Si era fidato di loro; invece, l’hanno preso e se lo sono portato in un’isola in mezzo all’oceano.
— Allora, non torna più, poverino…
— Eh, lo credo! Sant’Elena non è l’Elba.
— Non dico di lui, sapete; – aggiunse la donna, con un tremito nella voce – dico del mio povero Pasquale. Lo aspetto da anni, ma ormai non torna più.

Scarica gratis: Racconti di Toscana di Giuseppe Fanciulli.