Pubblicati il tomo VII (parte I, parte II, parte III e parte IV) e il tomo VIII (parte I e parte II) della Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi.
Dall’incipit del libro (tomo VII, parte I):
Io prendo a scriver la Storia della Letteratura italiana del secolo XVI. All’udire di questo nome, quai grandi e magnifiche idee si risvegliano nell’animo di chiunque non è del tutto insensibile a quella gloria che seco porta il coltivamento delle lettere e delle arti!Un secolo in cui si videro i romani Pontefici, i Medici, gli Estensi, i Gonzaghi, i Principi tutti d’Italia profondere a gara i tesori per avvivare le scienze e per premiare i loro coltivatori; un secolo in cui appena v’ebbe città in Italia, che non vedesse nelle sue mura raccolte, illustri adunanze di dottissimi uomini tutti rivolti a spargere nuova luce sulla seria e sulla piacevole letteratura; un secolo in cui i privati si videro gareggiar co’ sovrani nel raccogliere con lusso e magnificenza reale musei ricchissimi di antichità d’ogni genere e copiosissime biblioteche; un secolo in cui l’onore della romana porpora fu per lo più destinato a ricompensa delle letterarie fatiche, e di essa perciò si videro rivestiti i Bembi, gli Aleandri, i Sadoleti, i Grimani, i Fregosi, i Maffei, i Cortesi, i Moroni, i Navageri, i Seripandi, i Sirleti, i Baronj, gli Antoniani, i Bellarmini e cento altri che colle loro virtù non meno che col loro sapere tanto illustraron la Chiesa; un secolo in cui la poesia italiana coll’additarci un Sannazzaro, un Ariosto, un Tasso, un Molza, un Casa, un Costanzo, un Baldi, un Alamanni, e la latina col rammentarci un Flaminio, un Fracastoro, un Castiglione, un Vida, un Zanchi, sembra vantarsi di esser giunta al più alto segno di gloria, a cui potesse aspirare; un secolo in cui la storia per mezzo dei Sigonj, de’ Guicciardini, de’ Bonfadj, de’ Maffei, de’ Varchi, comparve finalmente, adorna de’ veri suoi pregi; un secolo in cui l’antichità e l’erudìzione per mezzo de’ Manuzj, de’ Calcagnini, de’ Panvinj, dei Giraldi, degli Alciati, de’ Vichi, degli Erizzi cominciò ad uscire dallo squallore e dalle tenebre, in cui era finallora giaciuta; un secolo in cui un Aldrovandi, un Mattioli, un Ghini, un Mercati, un Sarpi, un Porta, un Falloppia squarciarono il velo in cui la natura si stava ancora nascosta, ne scoprirono l’economia e le leggi, ne additarono i segreti e insegnarono a conoscerla sempre più chiaramente; un secolo in cui le scienze ancora più speculative e più astratte per mezzo di un Tartaglia, di un Cardano, di un Ferrari, di un Bombelli sorsero a nuova luce; un secolo in cui l’architettura civile e la militare ebbero i primi padri e maestri, talché esso va a ragione superba dei sì celebri nomi de’ Palladj, de’ Vignola, de’ Sansovini, de’ Serlj, de’ Marchi; un secolo finalmente a cui, ancorché mancassero tutti gli altri pregi finora accennati, basterebbero per eternarne la ricordanza un Tiziano, un Rafaello, un Buonarroti, un Correggio; ecco l’idea che un uomo, purché leggermente versato ne’ fasti dell’italiana letteratura, si forma in mente di questo secolo sì rinomato.